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Ritratto Franca Maranò arte italiana anni 60 donne

Nei miei momenti oziosi

seppur fugaci

guardo le mie mani.

Superfici solcate da cordoncini blu

Dove il sangue scorre ad alimentar la vita.

Debbo a loro

L'indefessa attività

L'obbedienza a ogni mio pensiero.

(Franca Maranò, Le mie mani)

Quando nel giugno 2015 scompare, ultranovantenne, Franca Maranò, pochi forse si ricordavano di lei, l’artista barese di lunga, coraggiosa militanza, protagonista dell’arte al femminile nella Puglia del secondo Novecento. Anticonformista, sempre sperimentando nuove tecniche e nuovi linguaggi, la sua vicenda artistica, nel periodo di maturità e massima affermazione, è strettamente connessa alla ventennale attività della Galleria Centrosei. Fondato nel 1970 per volontà di sei artisti (Umberto Baldassarre, Mimmo Conenna, Sergio Da Molin, Franca Maranò, Michele Depalma, Vitantonio Russo), il Centrosei, nato più precisamente come Associazione Culturale, ha svolto nei decenni Settanta e Ottanta, accanto alla Galleria Marilena Bonomo, un importante ruolo di sostegno e divulgazione delle ultime tendenze avanguardistiche delle arti visive. Inoltre la Galleria, che era ubicata in uno spazio nel lato nord del Teatro Petruzzelli, ha promosso e valorizzato numerosi artisti pugliesi emergenti, “da sempre mortificati per il vuoto critico, informativo e strutturale che circonda il lavoro dei giovani e degli artisti meridionali in particolare.”

All’epoca della fondazione del Centrosei Franca Maranò aveva già alle spalle un curriculum denso di esperienze pittoriche e scultoree – la sua attività di ceramista però, di vigorosi pannelli policromi, caratterizzati da una particolare costruttività del segno, è ancora tutta da scoprire – e prestigiosi appuntamenti espositivi anche fuori dalla regione. Fu affiancata e tenacemente sostenuta dal marito Nicola De Benedictis che, dopo lo sgretolamento del gruppo storico della Galleria, ne divenne il suo “Direttore” guidando le sorti del nuovo Centrosei ancora per un fecondo decennio, fino alla chiusura nel 1991. Grazie al certosino lavoro di De Benedictis siamo oggi in possesso dell’archivio completo della Galleria, donato nel 2010, poco prima della sua scomparsa, a un Dipartimento (oggi Lettere Lingue Arti. Italianistica e Culture comparate) dell’Università degli Studi di Bari. L’archivio ci ha permesso di ripercorrere la storia del Centrosei che è stato per oltre vent’anni anche un luogo di primaria importanza per la cultura artistica della città di Bari e della Puglia.

Al fianco del marito nella conduzione della Galleria, è merito di Franca Maranò ad aver imposto un indirizzo ben preciso puntato, a partire dal 1974, sempre più sul contributo delle donne, che sull’onda del movimento femminista, proposero lavori decisamente innovativi, introducendo inedite pratiche performative. Tra le artiste invitate dal Centrosei figurano alcune delle più schierate e impegnate protagoniste della scena italiana, sia nel campo dell’arte al femminile, sia in quello più autenticamente femminista, dalla nota saggista e studiosa Mirella Bentivoglio, attiva soprattutto nel campo della Poesia Visiva, a Tomaso Binga (pseudonimo di Bianca Menna), dedita alla pratica dell’arte come scrittura. Sulla stessa linea della presa di coscienza della donna artista e della ricerca sull’identità femminile, si collocano, tanto per citarne alcune, la romana Lucia Romualdi, la genovese Elisa Montessori, la napoletana Anna Maria Pugliese, l’americana di adozione italiana Adele Plotkin, la barese Ada Costa e la sarda Maria Lai, quest’ultima, con i lavori sul pane, sui telai e i bellissimi libri cuciti, vicina alle nuove indagini della Maranò.

In una delle sue numerose dichiarazioni di poetica l’artista barese afferma con chiarezza che è stato il movimento femminista ad averla indotta a rivedere i termini delle sue ricerche, «anche al fine di soddisfare la mia esigenza di operare al di fuori della cultura del privilegio e senza più legami di attinenza con i codici del già fatto e con i tradizionali mezzi pittorici.» Così l’artista fece ricorso all’ago, al filo e alla tela, «per un sentito bisogno di una libertà creativa tesa a recuperare significati che apparivano perduti.» Le serie degli Abiti mentali e dei Cuciti, oggi riunite e riproposte – insieme con alcuni gruppi di opere pittoriche dei decenni Sessanta e Settanta – in una piccola ma evocativa mostra sono, senza dubbio, come scrive Pietro Marino, «una tappa miliare» nella storia delle neoavanguardie in Puglia. Sensibile interprete della sua arte, Franca Maranò ha confessato una volta la difficoltà di parlare degli Abiti mentali, che «rappresentano un’utopia» in cui si può riconoscere «una disciplina dello spirito». Questa problematica affermazione appare sintomatica della complessa personalità della nostra artista, del suo spessore culturale e della sua continua, spesso sofferta ricerca, svolta com’è propria di ogni autentico artista, in dolorosa solitudine e trepide speranze.

Bari, Ottobre 2017

Christine Farese Sperken

da La Magia delle Mani, Adda Editore, Bari

Ringraziamenti

L'Archivio e la famiglia di Franca Maranò  esprimono la loro gratitudine verso tutti coloro che hanno preso parte al lungo e complesso lavoro di recupero, catalogazione e valorizzazione dell'opera dell'artista.

Per l'impegno critico e la ricerca universitaria, si ringrazia la Professoressa Christine Farese Sperken;

per la prima catalogazione, si ringraziano i Dottori Nicola Zito e Liliana Tangorra;

per l'impegno organizzativo e promozionale, si ringrazia Anna Gambatesa e la Galleria Misia Arte;

per questo sito web, si ringrazia Nicola Guastamacchia.

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