Franca Maranò
D'ARS, Domenico Cara, 1964
II primo impulso di lettura e di interpretazione dinanzi alle opere di Franca Maranò deve considerare simultaneamente la funzione sacrale e quella espressiva delle medesime, insieme alla sottilissima e acuta spoliazione coloristica compiuta sulle istituzioni figurali precedenti demistificante I registri di gestazione immaginifica consueta.
L'artista ha mortificato fino in fondo l'immagine ambiziosa e di superficie di un patetico lirismo figurale, con cui alcune tendenze attuali hanno fatto degenerare i rapporti con il mondo dell'interiorità cercando il fantastico e il magico o appena l'informazione confusa e piatta della cronaca. II metodo dell'esperimento che fa tabula rasa delle proteste e della violenza ideologica e la convinzione assoluta del messaggio attraverso le soluzioni conformistiche dell'immagine intrisa di sangue e di eversione tecnologica, offrono a Franca Maranò una nuova moralità sia nella tecnica che nella creazione. Essa rinnova i climi del pensiero con un'applicazione ricca di slanci emotivi e spiritualistici i quali diventano semplici sezioni di ritmi musicali. gerarchia sensitiva di velature in funzione contemporanea e sinonimamente reimmissione nell'antico.
La sua e indubbiamente una simpatia eccezionale e soavissima per la solitudine e i silenzi esemplari, in convivenza con il mistico e le dimensioni della propria libertà dagli ovvi trastulli della società. sia pur essi sensibilizzati dall'incubo della retorica esistenziale. La confessione pittorica non e per lei aneddoto di nozioni e di notizie risapute, il cui vizio e oggi più che mai testimoniale di un falso modo di trascrivere l'oggettività. Ma il resoconto di un’estasi attiva con l'infinito, pausa di vita colta nell’esplorazione autonoma di una totalità concettuale, che non comporta mai una soluzione di circolarità pubblica e diventa l'estrema limpidità di significati sublimi e felici. L'acquisizione del significato che non ha rapidi confronti con l'attuale movimento delle arti, nè modelli astratti e preformati nelle espressioni culturali in voga - avviene dalla sua sintassi con una precisione veloce, sciolta. Efficacemente antagonista di ogni ambiente che non possiede misure e luci adatte, e quindi una difficolta immediata di fruizione negli stadi negativi dell'esperienza esterna. II suo quindi e un messaggio profetico, e non perche pub essere frainteso, ma per quella eccezionale riproduzione del sole interiore che diventa osanna d'anima e sogno di corallo, in febbre e in crescita continua. Nient'altro quindi favorisce la cognizione dell'opera di Franca Marano oltre la dolcezza della partecipazione, la quale unge di inesprimibile la parabola del suo solco nel riquadro, che e deserto di profonda e invulnerabile solitudine; essa aspersa dai veli di una chiarezza il cui turgore non e mai ingorgo cromatico e convulso, ma ascolto e visione di vertici colmi di nudità illibata, che non diventa cenere. e beve alle fonti dell'Assoluto in suggestività tutt'altro che metaforica.
Ecco perchè il discorso sulla sua poetica non e facilmente comprensibile ai ricercatori di eventi dell'ironia onirica, ai narratori realistici operanti sulla crocevia vita di fascinazioni e tanto meno ai protagonisti della struttura visiva tout court, i quali trasfondono sulla tela e sul retino meccanizzato i sensi di un 'ascendenza con una civiltà contingente, piuttosto che la consolazione degli aspetti irreali dell'Essere. Occasione interessante, tradotta in sermo humilis per lo stesso principio di allegoria alla vita e di immacolata sorgente poetica, che va oltre il dolore e le abitudini comuni. e diventa sempre più specchio di un universo disponibile, oltre che di quella intima trasparenza che non s 'insinua come situazione stilematica di bell'idillio con la materia spettacolare. Essa diventa invece morfema di solitudini e di mattini della memoria, calcolo di coincidenze monocrome, il cui processo è semplificata ontologia. Distante da ogni pragmatico dilemma comunicativo, riflesso in una regolarità di incisione metafisica, che custodisce la favola dell'estasi correlativamente a un’ordinata morte dei simboli.